domenica 24 maggio 2009

Facebook, Paesi islamici e democrazia

Facebook è oggi utilizzata da oltre 200 milioni di utenti in tutto il mondo. Per scambiarsi informazioni e foto, lanciare campagne più o meno serie, ritrovare e tenere vecchi contatti, cercarne di nuovi. In molti Stati mussulmani poi, dove la situazione politica impedisce o limita altre forme di aggregazione, tantissime persone e organizzazioni utilizzano Facebook per promuovere programmi e campagne positive. In Arabia Saudita ad esempio varie battaglie femministe sono state organizzate proprio su Facebook, così come il primo sciopero del Regno, promosso da alcuni riformatori. In Egitto, dopo il diffondersi della febbre suina, le comunità cristiane hanno utilizzato Facebook per lanciare appelli contro l’abbattimento di migliaia di maiali che solo loro allevano.
Proprio per questo motivo in molti Paesi mussulmani le autorità politiche guardano come il fumo negli occhi Facebook temendone le potenzialità politiche. Tentativi o ipotesi di bloccare Facebook sono diffusi in tutti questi Paesi. Finora solo la Siria è passata dalle parole ai fatti: nel 2007 ha vietato Facebook, sostenendo il pericolo di “infiltrazioni israeliane” e bloccando così di fatto le attività dei dissidenti. Anche in Iran per qualche tempo Facebook è stato oscurato. Poi però è stato riamesso e gli stessi sostenitori di Ahmadinejad (nella foto) stanno usando Facebook per cercare di contrastare la campagna dei riformatori rivali, anche questa su Facebook, in vista delle presidenziali del mese prossimo. Ma con poco successo: il sito “amici di Ahmadinejad” ha finora raggiunto 588 membri. Quello “Scommetto che trovo un milione di persone che non amano Ahmadinejad” è già arrivato a 35mila, il numero più grande di adesioni tra tutte le pagine dedicate ad Ahmadinejad
Fonte:
Corriere della Sera, 22 maggio 2009