venerdì 30 aprile 2010

Insulta la ex su Facebook, il giudice: «Danno da 15mila euro»

Galeotto fu il commento e chi lo pose. A volte Facebook può essere un boomerang e tornare indietro. Oltre che costare caro. Altro che valvola di sfogo dove affidare i propri commenti a ruota libera. Le pagine web come un giornale e una stupidaggine di troppo può costare anche una condanna. Ne sa qualcosa un impiegato trentenne brianzolo che aveva approfittato del socialnetwork più diffuso al mondo per vendicarsi della sua ex. Una frase, un commento un po’ spinto ad una fotografia “postata” dalla sua ex fidanzata nella pagina visibile agli utenti amici della ex coppia e una causa in tribunale. Il passo è stato più che breve. Un insulto pesante, una vendetta che è costata cara all’autore. Ora l’amante respinto dovrà mettere mano al portafoglio pagando alla donna 15mila euro. Somma che il magistrato monzese ha stabilito spettare alla donna a titolo di risarcimento per il danno morale arrecato dall’ex fidanzato. Lo ha stabilito il giudice Piero Calabrò della Tribunale civile di Monza che ha accolto la richiesta di risarcimento avanzata un anno fa dalla ex fidanzata. Una sentenza destinata a fare giurisprudenza dal momento che la rete e in particolare Facebook è sempre stata considerata una prateria dove tutto o quasi è possibile. Nelle motivazioni il giudice ha sottolineato che il commento affidato a Facebook rappresenta "una lesione dell'onore, della reputazione e del decoro" dell'ex fidanzata. In base a questo il giudice ha deciso che la donna ha subito un danno morale soggettivo inteso come "turbamento dello stato d'animo della vittima del fatto illecito, vale a dire come complesso delle sofferenze inferte alla danneggiata dall'evento dannoso, indipendentemente dalla sua rilevanza penalistica".

Fonte:
Il Giornale
venerdì 30 aprile 2010

http://www.ilgiornale.it/milano/monza_insulta_ex_facebook_giudice_danno_15mila_euro/30-04-2010/articolo-id=441837-page=0-comments=1

domenica 4 aprile 2010

La Rete sta diventando un Puzzle e l' iPad fa vedere solo alcuni Pezzi

«L' età dell' oro di Internet si avvia verso il tramonto, prepariamoci per lo Splinternet». Sembra una profezia di Nostradamus quella della frantumazione del web (il termine splinter nel dizionario di inglese sta per frammento, scheggia). Soprattutto alla vigilia del lancio dell' oggetto che si candida già a prodotto tecnologico di maggior successo del 2010: da domani l' iPad, il camaleontico tablet della Apple, a metà tra un iPhone, un computer e un eBook, sarà in vendita in 221 negozi Usa. Ma il commento di Josh Bernoff che ha battezzato il nuovo fenomeno spiega bene proprio ciò che sta avvenendo con il successo di prodotti come il Kindle, il lettore digitale di libri della Amazon, gli smartphone, i tablet pc e l' ormai classico iPod. Nonostante la sempre maggiore diffusione di prodotti connessi al Web, la fruizione dei contenuti si sta trasformando in un puzzle di cui possiamo vedere solo alcuni pezzi. Insomma, non ci sono più le praterie libere, la libertà anarchica che ha caratterizzato l' età dell' oro del web, ma delle belle autostrade dal cui percorso non possiamo deragliare. Un esempio lampante è il Kindle: è connesso al web, ma in sostanza porta solo sulla piattaforma di Amazon per acquistare i loro libri. Stessa storia per l' iPod e il mercato musicale di iTunes. In realtà lo scontro è tra due grandi modelli (di business): da una parte quello di Google del tutto gratis - leggi tutto pagato dagli spot online -, dall' altra quella della Apple, dove si paga. Dunque, più banalmente la questione è una delle più antiche del mondo: money. Denaro. Per intaccare la filosofia apparentemente «anti capitalistica» del tutto gratis le società stanno frammentando il web. Con il risultato, apparentemente paradossale, che il tutto è gratis, mentre una parte del tutto si paga. Certo non è così banale: per far pagare quella parte bisogna puntare sulla qualità. La musica sul web c' era, e si poteva piratare gratis. La Apple e altre aziende sono riuscite a farla pagare. Ma - in compenso - il risultato per le nostre orecchie è stato il ritorno a standard di suono accettabili.

Massimo Sideri
Corriere della Sera - 2 aprile 2010 Pagina 18-