«L' età dell' oro di Internet si avvia verso il tramonto, prepariamoci per lo Splinternet». Sembra una profezia di Nostradamus quella della frantumazione del web (il termine splinter nel dizionario di inglese sta per frammento, scheggia). Soprattutto alla vigilia del lancio dell' oggetto che si candida già a prodotto tecnologico di maggior successo del 2010: da domani l' iPad, il camaleontico tablet della Apple, a metà tra un iPhone, un computer e un eBook, sarà in vendita in 221 negozi Usa. Ma il commento di Josh Bernoff che ha battezzato il nuovo fenomeno spiega bene proprio ciò che sta avvenendo con il successo di prodotti come il Kindle, il lettore digitale di libri della Amazon, gli smartphone, i tablet pc e l' ormai classico iPod. Nonostante la sempre maggiore diffusione di prodotti connessi al Web, la fruizione dei contenuti si sta trasformando in un puzzle di cui possiamo vedere solo alcuni pezzi. Insomma, non ci sono più le praterie libere, la libertà anarchica che ha caratterizzato l' età dell' oro del web, ma delle belle autostrade dal cui percorso non possiamo deragliare. Un esempio lampante è il Kindle: è connesso al web, ma in sostanza porta solo sulla piattaforma di Amazon per acquistare i loro libri. Stessa storia per l' iPod e il mercato musicale di iTunes. In realtà lo scontro è tra due grandi modelli (di business): da una parte quello di Google del tutto gratis - leggi tutto pagato dagli spot online -, dall' altra quella della Apple, dove si paga. Dunque, più banalmente la questione è una delle più antiche del mondo: money. Denaro. Per intaccare la filosofia apparentemente «anti capitalistica» del tutto gratis le società stanno frammentando il web. Con il risultato, apparentemente paradossale, che il tutto è gratis, mentre una parte del tutto si paga. Certo non è così banale: per far pagare quella parte bisogna puntare sulla qualità. La musica sul web c' era, e si poteva piratare gratis. La Apple e altre aziende sono riuscite a farla pagare. Ma - in compenso - il risultato per le nostre orecchie è stato il ritorno a standard di suono accettabili.
Massimo Sideri
Corriere della Sera - 2 aprile 2010 Pagina 18-