Pochi sanno che esiste una stretta relazione tra internet e la conquista dello spazio. Tutto inizia nel 1957. Quell’anno l’Unione Sovietica centra un obiettivo importantissimo: la messa in orbita dello Sputnik! Nella figura sotto il satellite russo Sputnik con un tecnico
Per l’America fu un duro colpo sia dal punto di vista tecnologico che militare. Nel Paese oltre alla delusione di fronte alla vittoria della Russia nella corsa verso lo spazio, si diffuse rapidamente insicurezza e paura per “lo spettro della distruzione globale” – queste furono le parole di Eisenhower. I catastrofisti profetizzavano un possibile dominio sovietico sul mondo e la distruzione della democrazia. Lo Sputnik, dicevano i più pessimisti, era la prova che i russi erano in grado di lanciare missili balistici intercontinentali, quindi prima o poi avrebbero minacciato gli Stati Uniti: era solo questione di tempo. L’amministrazione Eisenhower (in figura, la foto di Dwight Eisenhower) rispose a quella grave crisi stanziando forti finanziamenti alla ricerca militare nel settore delle telecomunicazioni.
Nel 1958 il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, in seguito all’approvazione del Congresso, diede vita all’ARPA (Advanced Research Projects Agency). La nuova agenzia avrebbe curato tra l’altro i programmi di ricerca e sviluppo relativi ai satelliti e allo spazio. Secondo i progetti di Eisenhower la nuova agenzia di ricerca doveva essere un meccanismo di risposta rapida, strettamente collegato al presidente e al segretario della difesa, a garanzia che gli americani non sarebbero stati più colti di sorpresa sul fronte tecnologico. Per capire l’importanza attribuita da Eisenhower all’ARPA basti dire che il presidente americano assegnò al presidente dell’ARPA un’elegantissimo ufficio al terzo piano del Pentagono (il terzo piano era il livello più prestigioso del Pentagono), a due passi dagli uffici del segretario della difesa e che il direttore dell’ARPA poteva fregiarsi sulla propria scrivania dei più alti simboli di potere ricevuti direttamente dal Ministero della difesa a cominciare dalle bandiere ufficiali.
Tuttavia nonostante i buoni propositi americani, tre anni dopo i sovietici li umiliarono una seconda volta: riuscirono infatti a portare nello spazio il primo uomo, Yuri Gagarin.
A questo punto gli americani cambiarono strategia: crearono la NASA e ad essa trasferirono la competenza di gestire i programmi spaziali con i relativi capitali, sottraendoli all’ARPA, che rimase senza lavoro, senza un progetto da portare avanti e con un taglio drastico al suo bilancio. La rivista Aviation Weekly definì senza mezzi termini la nuova agenzia privata delle sue funzioni come “un gatto morto appeso nella dispensa”. Negli uffici dell’agenzia, si tenne una drammatica riunione sul futuro dell’ARPA. Quattro le ipotesi sul tavolo: abolire l’ARPA, espanderla, non cambiare nulla, oppure ridefinire la sua missione. Nessuno avrebbe scommesso un soldo sulla sua sopravvivenza, ma grazie alla tenacia dei suoi analisti la scomparsa ormai certa non ci fu e si imboccò la quarta alternativa: la ridefinizione della missione dell’ARPA.
All’ARPA rimanevano i costosissimi elaboratori elettronici di cui era stata dotata dal governo negli anni precedenti. All’interno della suite del direttore dell’ARPA, al terzo piano anello D stanza 3E160 del Pentagono, c’era infatti una stanza occupata da tre terminali. Erano allineati uno vicino all’altro, tutti di marche diverse e connessi a un mainframe remoto. C’era una telescrivente Ibm Selectric collegata a un computer collocato al Massachussets Institute of Technology (MIT) a Cambridge, poi c’era una telescrivente Model 33 collegata a un computer dell’Università della California a Berkeley, infine c’era una telescrivente Model 35 collegata a un computer a Santa Monica, in California. La domanda sorse spontanea: che uso farne? Ogni terminale aveva un proprio linguaggio di programmazione, un proprio sistema operativo, diverso da quello degli altri terminali. Diverse tra loro erano, neanche a dirlo, le procedure di accesso. Il direttore dell’ARPA naturalmente le conosceva tutte (in realtà noi supponiamo che per lui se le ricordasse la segretaria. Ah se non ci fossero le segretarie...) ma immaginatevi la seccatura di dover ricordare ogni volta quale procedura di collegamento usare per quale computer. Per non parlare della necessità di dover ricordare i comandi di ciascun ambiente informatico, cosa che diventava ancora più frustrante quando si andava di corsa, il che succedeva praticamente sempre. Proprio ricordando questo, nel corso della riunione sul destino dell’ARPA qualcuno alzò la mano e prese la parola: perchè non cercare di conferire a quelle macchine la capacità di comunicare tra di loro e trasferire dati? Non sapremo mai di chi fu quella mano, certo è che ebbe nella storia dell’umanità la stessa importanza di...un piede: quello di Neil Armstrong, il primo uomo ad essere sbarcato sulla Luna!
L’Arpa così individuò un nuovo oggetto di studio: la scienza dell’informazione e della comunicazione. Nacque ARPAnet. Era il 1969, l'anno dello sbarco dell’uomo (degli americani) sulla Luna. Come si vede perciò l’obiettivo primario di Arpanet non era, a differenza di quello che molti credono, militare ossia garantire la sicurezza dei dati in caso di guerra nucleare bensì quello di ottimizzare nel campo della ricerca lo sfruttamento delle costose risorse informatiche avute da un’agenzia in dismissione (l’ARPA) negli anni precedenti per scopi di ricerca nel settore spaziale! In un altro Paese quelle costose apparecchiature informatiche sarebbero finite in qualche scantinato a marcire tra polvere, scarafaggi e ruggine con buona pace dei contribuenti. In America invece la necessità di non sperperare denaro pubblico trasformò un progetto abortito (l’ARPA e i suoi scopi di ricerca nel settore spaziale) in un nuovo progetto il cui risultato finale fu l’Internet di oggi!!
Gli utenti iniziali di Arpanet non furono perciò i militari ma quattro università americane: la UCLA (Università di Los Angeles), la UCSB (Università di Santa Barbara), l’Università dello Utah e lo SRI (Stanford Research Institute). Arpanet serviva a condividere i sistemi di questi poli universitari. Se molti ritengono che le origini di internet siano riconducibili a finalità militari (costruire una rete di comunicazione militare in grado di resistere anche ad un attacco nucleare su vasta scala) è a causa di un equivoco generato dalla locazione dell’Arpa, ossia il Pentagono. Le applicazioni militari non furono la causa della nascita di internet ma la conseguenza obbligata: la capacità di trasmettere comunicazioni e archivi tra computer dislocati in località diverse era un ottimo rimedio per scongiurare il rischio di perdita di dati in caso di bombardamento nucleare – ipotesi impossibile da escludere in tempi di Guerra Fredda come allora.
Per tutti gli anni Settanta ARPAnet continuò a svilupparsi esclusivamente nell’ambiente universitario e del Dipartimento della Difesa: la cosa non deve stupire: erano le uniche entità che all’epoca disponevano della tecnologia informatica necessaria. Negli anni Ottanta, l'avvento dei personal computer, rendendo di fatto potenzialmente collegabili centinaia di migliaia di utenti, determinò la diffusione della rete al di fuori degli ambiti più istituzionali e accademici. Gli "utenti" istituzionali e militari cominciarono a rendere partecipi alla rete i membri della comunità scientifica i quali iniziarono a scambiarsi informazioni e dati, ma anche messaggi estemporanei ed a coinvolgere, a loro volta, altri "utenti" comuni. Nacque in questo modo, spontaneamente, l'email, la posta elettronica, i primi newsgroup e di fatto una rete: Internet
Per l’America fu un duro colpo sia dal punto di vista tecnologico che militare. Nel Paese oltre alla delusione di fronte alla vittoria della Russia nella corsa verso lo spazio, si diffuse rapidamente insicurezza e paura per “lo spettro della distruzione globale” – queste furono le parole di Eisenhower. I catastrofisti profetizzavano un possibile dominio sovietico sul mondo e la distruzione della democrazia. Lo Sputnik, dicevano i più pessimisti, era la prova che i russi erano in grado di lanciare missili balistici intercontinentali, quindi prima o poi avrebbero minacciato gli Stati Uniti: era solo questione di tempo. L’amministrazione Eisenhower (in figura, la foto di Dwight Eisenhower) rispose a quella grave crisi stanziando forti finanziamenti alla ricerca militare nel settore delle telecomunicazioni.
Nel 1958 il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, in seguito all’approvazione del Congresso, diede vita all’ARPA (Advanced Research Projects Agency). La nuova agenzia avrebbe curato tra l’altro i programmi di ricerca e sviluppo relativi ai satelliti e allo spazio. Secondo i progetti di Eisenhower la nuova agenzia di ricerca doveva essere un meccanismo di risposta rapida, strettamente collegato al presidente e al segretario della difesa, a garanzia che gli americani non sarebbero stati più colti di sorpresa sul fronte tecnologico. Per capire l’importanza attribuita da Eisenhower all’ARPA basti dire che il presidente americano assegnò al presidente dell’ARPA un’elegantissimo ufficio al terzo piano del Pentagono (il terzo piano era il livello più prestigioso del Pentagono), a due passi dagli uffici del segretario della difesa e che il direttore dell’ARPA poteva fregiarsi sulla propria scrivania dei più alti simboli di potere ricevuti direttamente dal Ministero della difesa a cominciare dalle bandiere ufficiali.
Tuttavia nonostante i buoni propositi americani, tre anni dopo i sovietici li umiliarono una seconda volta: riuscirono infatti a portare nello spazio il primo uomo, Yuri Gagarin.
A questo punto gli americani cambiarono strategia: crearono la NASA e ad essa trasferirono la competenza di gestire i programmi spaziali con i relativi capitali, sottraendoli all’ARPA, che rimase senza lavoro, senza un progetto da portare avanti e con un taglio drastico al suo bilancio. La rivista Aviation Weekly definì senza mezzi termini la nuova agenzia privata delle sue funzioni come “un gatto morto appeso nella dispensa”. Negli uffici dell’agenzia, si tenne una drammatica riunione sul futuro dell’ARPA. Quattro le ipotesi sul tavolo: abolire l’ARPA, espanderla, non cambiare nulla, oppure ridefinire la sua missione. Nessuno avrebbe scommesso un soldo sulla sua sopravvivenza, ma grazie alla tenacia dei suoi analisti la scomparsa ormai certa non ci fu e si imboccò la quarta alternativa: la ridefinizione della missione dell’ARPA.
All’ARPA rimanevano i costosissimi elaboratori elettronici di cui era stata dotata dal governo negli anni precedenti. All’interno della suite del direttore dell’ARPA, al terzo piano anello D stanza 3E160 del Pentagono, c’era infatti una stanza occupata da tre terminali. Erano allineati uno vicino all’altro, tutti di marche diverse e connessi a un mainframe remoto. C’era una telescrivente Ibm Selectric collegata a un computer collocato al Massachussets Institute of Technology (MIT) a Cambridge, poi c’era una telescrivente Model 33 collegata a un computer dell’Università della California a Berkeley, infine c’era una telescrivente Model 35 collegata a un computer a Santa Monica, in California. La domanda sorse spontanea: che uso farne? Ogni terminale aveva un proprio linguaggio di programmazione, un proprio sistema operativo, diverso da quello degli altri terminali. Diverse tra loro erano, neanche a dirlo, le procedure di accesso. Il direttore dell’ARPA naturalmente le conosceva tutte (in realtà noi supponiamo che per lui se le ricordasse la segretaria. Ah se non ci fossero le segretarie...) ma immaginatevi la seccatura di dover ricordare ogni volta quale procedura di collegamento usare per quale computer. Per non parlare della necessità di dover ricordare i comandi di ciascun ambiente informatico, cosa che diventava ancora più frustrante quando si andava di corsa, il che succedeva praticamente sempre. Proprio ricordando questo, nel corso della riunione sul destino dell’ARPA qualcuno alzò la mano e prese la parola: perchè non cercare di conferire a quelle macchine la capacità di comunicare tra di loro e trasferire dati? Non sapremo mai di chi fu quella mano, certo è che ebbe nella storia dell’umanità la stessa importanza di...un piede: quello di Neil Armstrong, il primo uomo ad essere sbarcato sulla Luna!
L’Arpa così individuò un nuovo oggetto di studio: la scienza dell’informazione e della comunicazione. Nacque ARPAnet. Era il 1969, l'anno dello sbarco dell’uomo (degli americani) sulla Luna. Come si vede perciò l’obiettivo primario di Arpanet non era, a differenza di quello che molti credono, militare ossia garantire la sicurezza dei dati in caso di guerra nucleare bensì quello di ottimizzare nel campo della ricerca lo sfruttamento delle costose risorse informatiche avute da un’agenzia in dismissione (l’ARPA) negli anni precedenti per scopi di ricerca nel settore spaziale! In un altro Paese quelle costose apparecchiature informatiche sarebbero finite in qualche scantinato a marcire tra polvere, scarafaggi e ruggine con buona pace dei contribuenti. In America invece la necessità di non sperperare denaro pubblico trasformò un progetto abortito (l’ARPA e i suoi scopi di ricerca nel settore spaziale) in un nuovo progetto il cui risultato finale fu l’Internet di oggi!!
Gli utenti iniziali di Arpanet non furono perciò i militari ma quattro università americane: la UCLA (Università di Los Angeles), la UCSB (Università di Santa Barbara), l’Università dello Utah e lo SRI (Stanford Research Institute). Arpanet serviva a condividere i sistemi di questi poli universitari. Se molti ritengono che le origini di internet siano riconducibili a finalità militari (costruire una rete di comunicazione militare in grado di resistere anche ad un attacco nucleare su vasta scala) è a causa di un equivoco generato dalla locazione dell’Arpa, ossia il Pentagono. Le applicazioni militari non furono la causa della nascita di internet ma la conseguenza obbligata: la capacità di trasmettere comunicazioni e archivi tra computer dislocati in località diverse era un ottimo rimedio per scongiurare il rischio di perdita di dati in caso di bombardamento nucleare – ipotesi impossibile da escludere in tempi di Guerra Fredda come allora.
Per tutti gli anni Settanta ARPAnet continuò a svilupparsi esclusivamente nell’ambiente universitario e del Dipartimento della Difesa: la cosa non deve stupire: erano le uniche entità che all’epoca disponevano della tecnologia informatica necessaria. Negli anni Ottanta, l'avvento dei personal computer, rendendo di fatto potenzialmente collegabili centinaia di migliaia di utenti, determinò la diffusione della rete al di fuori degli ambiti più istituzionali e accademici. Gli "utenti" istituzionali e militari cominciarono a rendere partecipi alla rete i membri della comunità scientifica i quali iniziarono a scambiarsi informazioni e dati, ma anche messaggi estemporanei ed a coinvolgere, a loro volta, altri "utenti" comuni. Nacque in questo modo, spontaneamente, l'email, la posta elettronica, i primi newsgroup e di fatto una rete: Internet