giovedì 4 settembre 2008

Cybersquatting e le leggi

Secondo la WIPO (Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale) negli ultimi anni il cybersquatting, ossia la registrazione di nomi di dominio corrispondenti a marchi – o segni distintivi in generale- appartenenti ad altri, è risultato in forte aumento. Tra i settori in cui si registrano le più forti violazioni c’è quello bancario. Il perché è evidente: utilizzare il cybersquatting per promuovere azioni di phishing. Chi si dedica al cybersquatting ha due obiettivi:
- mirare a contrattare, al fine di poterci lucrare, col vero titolare del marchio il rilascio del nome di dominio;
- speculare sulla conoscenza del marchio e quindi sulla ricerca in Rete, per pubblicare altro materiale, generalmente pornografico o di tipo commerciale

In Italia dal 2005 la tutela dei nomi di dominio è garantita dal codice di proprietà industriale, il cui art. 22 recita:”E’ vietato adottare come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio aziendale un segno uguale o simile all’altrui marchio se, a causa dell’identità o dell’affinità tra l’attività di impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il marchio è adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni”. Il codice parla chiaro: non sono consentite registrazioni che possano far sorgere nei navigatori dubbi riguardo l’identità del titolare del sito e dei prodotti o servizi offerti